Società, Banca e Impresa

Mancato adempimento della banca all’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.: quali conseguenze?

Dal mancato adempimento della banca all’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. disposto dal giudice non può dedursi la prova del fondamento delle domande proposte dall’attore o l’ammissione del fatto contestato. L’esibizione ex art. 210 c.p.c. non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico della parte istante. Così ha stabilito il Tribunale di Roma con la sentenza del 15 febbraio 2022.

La decisione in commento opera una puntuale ricognizione della giurisprudenza di legittimità riguardo alla distribuzione degli oneri probatori (soprattutto del correntista attore) nelle controversie bancarie, soffermandosi sulle conseguenze della mancata esibizione ex art. 210 c.p.c., da parte della banca convenuta, della documentazione bancaria.

Occorre sinteticamente premettere che, nella fattispecie esaminata dal Trib. Roma, la parte attrice, secondo quanto si desume dalla decisione:

a) ha omesso di produrre il contratto di finanziamento e gli estratti conto;

b) ha richiesto con istanza stragiudiziale ex art. 119 TUB la consegna degli estratti conto (ma non del contratto di finanziamento);

c) ha richiesto l’acquisizione in giudizio, ai sensi dell’art. 210 c.p.c. del contratto di finanziamento e degli estratti conto.

Come risaputo, «chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda» (art. 2697 c.c.). L’attore deve assolvere, dunque, in primo luogo gli oneri di puntuale allegazione, e poi deve provvedere a supportare la domanda giudiziale con prove documentali sufficienti. Operativamente, la disposizione significa che la mancanza di elementi idonei all’accertamento dei fatti costitutivi dell’azione determina la soccombenza della parte onerata della relativa dimostrazione.

La Cassazione ha individuato una serie di ‘punti fermi’ riguardo alla distribuzione degli oneri probatori, sintetizzabili come segue:

- in caso di domanda di ripetizione di indebito oggettivo l’onere della prova grava sul creditore istante (correntista attore), il quale è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa; l’attore deve quindi fornire la dimostrazione non solo dell’avvenuto pagamento, ma anche della inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta (mancanza causa debendi) ovvero del successivo venir meno di questa (Cass. 13.11.2003, n. 17146; conf. Cass. n. 31187/2018; Cass. 14.5.2012, n. 7501; Cass. 10.11.2010, n. 22872; Cass. 17.3.2006, n. 5896): « il cliente, il quale agisce ex art. 2033 c.c. per la ripetizione dell’indebito corrisposto alla banca nel corso del rapporto di conto corrente, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto vantato: vale a dire, a fronte dell’annotazione di poste passive sul suo conto corrente nell’assunto costituenti dazione indebita, la causa petendi dell’azione, in ragione della natura non dovuta di quegli addebiti (per l’esistenza di un’indebita capitalizzazione, interessi non consentiti, costi non concordati, e così via) » (Cass. nn. 27704 e 27705/2018; Cass. n. 30822/2018; Cass. n. 33009/2019);

- l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (Cass. n. 9201/2015; Cass. n. 23229/2004; Cass. n. 9099/2012);

- qualora l’attore proponga domanda di accertamento negativo del diritto del convenuto e quest’ultimo non si limiti a chiedere il rigetto della pretesa avversaria ma proponga domanda riconvenzionale per conseguire il credito negato dalla controparte, ambedue le parti hanno l’onere di provare le rispettive contrapposte pretese (Cass. n. 31649/2019; Cass. n. 500/2017; Cass. n. 9201/2015; Cass. n. 3374/2007; Cass. n. 12963/2005; Cass. n. 7282/1997).

L’ultimo dei principi di diritto appena ricordati ha un corollario di immediato impatto operativo: se la banca convenuta non ha spiegato domanda riconvenzionale (con gli oneri probatori che ne derivano) l’onere probatorio perdura in carico al correntista attore, che non potrà, di conseguenza, «riversare l’onere probatorio in ordine ai rapporti inter partes sulla banca» (nei termini la decisione in commento).

Il Tribunale di Roma esclude che dal mancato adempimento della banca all’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. disposto dal giudice possa dedursi la prova del fondamento delle domande proposte, come stabilito dalla Cassazione, secondo cui è principio fermo che l’esibizione ex art. 210 c.p.c. non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio a carico della parte istante (Cass. n. 17948/2006 e Cass. n. 6511/2016; Cass. n. 7874/2022).

Dunque, secondo questo orientamento, dalla mancata produzione della documentazione (anche richiesta ex art. 210 c.p.c.) non discende automaticamente l’ammissione del fatto contestato. In assenza di altri elementi di prova concorrenti, è escluso che il rifiuto della banca convenuta di esibire la documentazione richiesta possa essere in concreto equiparato all’ammissione del fatto (ad es., che le clausole contrattuali oggetto dell’azione di nullità abbiano il contenuto indicato dalla controparte) (così Trib. Cagliari 11 settembre 2014, che richiama Cass. n. 17076/2004; Trib. Terni 28 settembre 2020).

L’esibizione a norma dell’art. 210 c.p.c. non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante (art. 2697 c.c.), come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17948/2006; Cass. n. 6511/2016; Cass. n. 7874/2022), e nemmeno può essere utilizzato l’art. 210 c.p.c. per superare preclusioni processuali, né aggirare l’onere incombente sulla parte di fornire le prove che essa sia in grado di produrre e che non può pretendere di ricercare mediante l’attività del giudice (Cass. n. 6511/2016; Cass. n. 17923/2016; Cass. n. 1484/2014; Cass. n. 17149/2008; Cass. n. 17946/2006; Cass. n. 10043/2004; Cass. n. 24641/2021).

Per il rimanente, il tribunale di Roma conferma l’orientamento di recente espresso dalla Cassazione (Cass. n. 24641/2021; Cass. n. 4028/2022; Cass. n. 7874/2022) che, in esito ad uno stringente percorso argomentativo, ha enunciato il seguente (nuovo) principio di diritto « il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell'amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall'articolo 119, quarto comma, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l'istanza di cui all'articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato ».

Riferimenti normativi:

Art. 210 c.p.c.

Art. 119 TUB

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