Tributario

Individuazione della residenza fiscale: quale rilevanza hanno i legami personali e patrimoniali?

Deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all'estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come emergenti da elementi presuntivi. Così ha stabilito l’ordinanza n. 8286/2022 della Cassazione civile.

Orientamenti giurisprudenziali

Conformi

Cass. n. 12259/2010

Cass. n. 29576/2011

Cass. n. 678/2015

CGUE 7 giugno 2007, C-156/04

Cass. n. 21694/2020

CGUE 12 luglio 2001, C-262/99

Difformi

Non si rinvengono precedenti in termini

L'art. 2, comma 2, del d.P.R. 917/86 e l'art. 43 c.c. ai fini delle imposte attribuiscono rilevanza alla residenza anagrafica, oppure al domicilio o alla residenza secondo la definizione resa nel codice civile. La giurisprudenza euro-unitaria valorizza altresì i legami personali e professionali, evincibili dalla presenza fisica del contribuente e dei suoi familiari in uno Stato, dalla disponibilità di una abitazione, dal luogo di esercizio delle attività professionali e comunque dagli interessi patrimoniali.

Ma che cosa succede in caso di indicazioni contrastanti?

La questione è stata affrontata dalla Corte di Cassazione nel caso in esame.

Il caso

Con l'atto impositivo l'amministrazione finanziaria aveva rideterminato il reddito imponibile dell'anno 2006, richiedendo maggiori imposte a titolo di IRPEF, addizionali ed IVA, oltre che sanzioni. Ciò sul presupposto che il contribuente, pur essendo iscritto all'AIRE, dovesse considerarsi fiscalmente residente in Italia sulla base dei riscontri riportati nell'atto impositivo.

Il giudizio innanzi alla CTP e alla CTR

Il contribuente aveva proposto ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che l’aveva rigettato con sentenza n. 106/08/12.

Il contribuente aveva quindi proposto appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, che l’aveva accolto con sentenza n. 798/34/2014.

La CTR ha ritenuto che la certificazione e la complessiva documentazione allegata dal contribuente (certificazioni ufficiali ed attestati di iscrizione ed assidua frequenza a club socio-culturali e ricreativi) avesse dimostrato la residenza estera del contribuente, in quanto incompatibili con il mantenimento in Italia del centro dei propri interessi, superando le denunciate incongruenze derivanti dal riscontro di una sovrapposizione e coesistenza di pluralità di residenze nel Regno Unito e a Montecarlo, da cui l'Agenzia delle Entrate aveva tratto il convincimento che la residenza effettiva del contribuente fosse in Italia.

La pronuncia della Cassazione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della CTR, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del d.P.R. 917/86, nonché dell'art. 43 c.c., in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., perché erroneamente il giudice regionale ha ritenuto che la documentazione e gli elementi prodotti dal contribuente dimostrassero la residenza estera dello stesso.

La ricorrente, dopo aver riportato il testo dell'art. 2, comma 2, del d.P.R. 917/86 e dell'art. 43 c.c., che ai fini delle imposte attribuisce rilevanza alla residenza anagrafica, oppure al domicilio o alla residenza secondo la definizione resa nel codice civile, ha citato la giurisprudenza euro-unitaria, che valorizza i legami personali e professionali, evincibili dalla presenza fisica del contribuente e dei suoi familiari in uno Stato, dalla disponibilità di una abitazione, dal luogo di esercizio delle attività professionali e comunque dagli interessi patrimoniali. Ha evidenziato che, ove sussistessero indicazioni contrastanti, la medesima giurisprudenza ha avvertito la necessità di operare un giudizio di prevalenza, con preponderanza, in ultima analisi, dei legami personali su quelli professionali, privilegiando il criterio di effettività. A tal fine ha invocato anche la giurisprudenza della Corte di legittimità. Ha quindi denunciato che il giudice regionale non ha fatto applicazione di tali principi.

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, affermando che la CTR ha del tutto ignorato le regole ed i principi applicabili al caso di specie e in particolare quanto chiarito dalla giurisprudenza di legittimità e da quella euro-unitaria.

In materia la Corte di legittimità ha evidenziato che ai sensi del combinato disposto dell'art. 2 del d.P.R. n. 917/86 e dell'art. 43 c.c., deve considerarsi soggetto passivo il cittadino italiano che, pur risiedendo all'estero, stabilisca in Italia, per la maggior parte del periodo d’imposta, il suo domicilio, inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici nonché delle relazioni personali, come emergenti da elementi presuntivi.

Ciò che viene valorizzato è soprattutto la presenza di elementi significativi, quali l'acquisto di beni immobili, la gestione di affari in contesti societari, la disponibilità di almeno un'abitazione, nella quale trascorrere diversi periodi dell'anno, e ciò a prescindere anche dall'iscrizione del soggetto nell'AIRE.

I requisiti sono stati ulteriormente perimetrati dalla giurisprudenza euro-unitaria. La Corte di Giustizia ha più volte ribadito l'importanza della verifica dell'ubicazione del centro di interessi principali, quale luogo abituale della gestione degli interessi medesimi, che sia riconoscibile a terzi. Ebbene, nel caso di specie, la sentenza della CTR rileva come l'Ufficio avesse allegato una serie di elementi presuntivi, quali la locazione dì un immobile a Torino ad uso abitativo, indicato dal contribuente medesimo quale sede fiscale propria e della propria famiglia; il contratto di locazione, sempre a Torino, di due posti auto; le partecipazioni a vario titolo, quali socio e/o rappresentante legale in alcune società aventi sede in Italia; i redditi conseguiti in Italia e risultanti dai modelli 770 dei sostituti d'imposta.

A fronte di tali elementi la sentenza della CTR sembra aver valorizzato invece gli elementi addotti dal contribuente, che però poi si riducono alla sola menzione degli attestati di frequenza a club socio-culturali e ricreativi all'estero.

La sentenza viene quindi cassata con rinvio alla CTR del Piemonte.

Riferimenti normativi:

Art. 2, co. 2, D.P.R. n. 917/1986

Art. 43 c.c.

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