Tributario

Necessario a pena di nullità il litisconsorzio nell’accertamento effettuato su società di persone

L'unitarietà dell'accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone di cui all'art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi ultimi prospettino questioni personali. Così ha stabilito l’ordinanza n. 8211/2022 della Cassazione civile.

Orientamenti giurisprudenziali

Conformi

Cass. sez. VI - 5, ord. 08/07/2020, n. 14227

Cass. sez. VI -5, ord. 25/06/2018, n. 16730

Cass. sez. VI - 5, ord. 11/06/2018, n. 15116

Cass. sez. V , ord. 21/03/2018, n. 7026

Cass. sez. V, sent. 27/07/2016, n. 15566

Difformi

Non si rinvengono precedenti in termini

Premessa

Per le società di persone la tassazione Irpef segue le regole fissate dall’articolo 5 del Tuir, riguardante i redditi prodotti in forma associata, che prevede espressamente che “i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili”. Dalla lettura della norma si comprende che la società di persone non sia soggetta ad imposizione diretta, mentre ai fini Irap, sono invece autonomi soggetti passivi e, dunque, l’imposta viene applicata in capo all’ente collettivo e non in trasparenza ai suoi soci, art. 3, comma 1, lettera c)  D.Lgs. n. 446/1997.

La norma prevede che i soci delle società di persone devono autonomamente dichiarare e tassare annualmente, con il proprio reddito complessivo, la quota del reddito ad essi attribuita in misura pari alla propria quota di partecipazione agli utili della società. In mancanza di una diversa espressa pattuizione contenuta nell’atto costitutivo, i redditi sono attribuiti ai soci in misura proporzionale all’ammontare dei conferimenti effettuati: se il relativo valore non risulta determinato, la ripartizione avviene in quote uguali, ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del Tuir.

I redditi sono imputati ai soci:

· per competenza;

· indipendentemente dall’effettiva percezione dell’utile generatosi nel periodo d’imposta;

· in funzione della rispettiva percentuale di partecipazione agli utili.

Le perdite d’impresa sono imputate ai soci nella stessa percentuale dell’imputazione degli utili, e ove la perdita imputata in percentuale sia maggiore del reddito imponibile Irpef, il socio, avrà diritto di detrarne l’eccedenza, fino a capienza, dal proprio reddito complessivo dell’esercizio e dei 5 anni successivi, senza limiti di tempo, qualora si tratti delle perdite subite o di lavoro autonomo nei primi 3 anni di inizio di una nuova attività (art. 8, commi 2 e 3 del Tuir).

Dalla particolare disciplina fiscale applicabile alle società di persone deriva, come conseguenza, una corrispondente specifica disciplina per l’accertamento di eventuali maggiori redditi. L’art. 40, comma 2, D.p.r. n. 600/1973, Rettifica delle dichiarazioni dei soggetti diversi dalle persone fisiche, recita testualmente che “alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle società e associazioni indicate nell'art. 5 …omissis…, si procede con unico atto …omissis… ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche o delle persone giuridiche dovute dai singoli soci o associati. Si applicano le disposizioni del primo comma del presente articolo o quelle dell'art. 38 secondo che si tratti di società in nome collettivo, inaccomandita semplice ed equiparate ovvero di società semplici o di società o associazioni equiparate.

Come è evidente dalla lettura della norma l’accertamento di maggiori redditi, nei confronti di una società di persone, determinerà una sorta di dicotomia tra l’IRAP e l’IVA, di cui risponderà direttamente la società, mentre per le imposte dirette (Irpef) si genererà una sorta di responsabilità solidale tra l’ente ed i soci chiamati a risponderne pro-quota. L'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che l’eventuale ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da parte di uno dei soci o dalla società riguarderà inscindibilmente sia l’ente che tutti i soci, che faranno parte dello stesso procedimento su cui non si potrà decidere limitatamente ad alcuni di essi.

La controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti ma, piuttosto, gli elementi comuni da cui trae origine l’obbligazione tributaria, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.

In tema di contenzioso tributario, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi della società di persone e di quelle dei singoli soci comporta, quindi, la configurabilità di un litisconsorzio necessario, con il conseguente obbligo per il giudice, investito dal ricorso proposto da uno soltanto dei soggetti interessati, di procedere all'integrazione del contraddittorio, ai sensi dell'art. 14 del D.Lgs. n. 546 del 1992, pena la nullità assoluta del giudizio stesso, rilevabile, anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo.

Il caso

A seguito di un accertamento, l’Agenzia delle Entrate, contestava al contribuente maggiori redditi a lui rivenienti pro-quota, in qualità di socio di una società in nome collettivo.

Il contribuente proponeva ricorso sia avverso all’avviso di accertamento a suo carico sia, nella sua qualità di socio, avverso quello emesso nei confronti della società, in quanto presupposto di quello a lui diretto individualmente.

La Commissione tributaria provinciale accoglieva integralmente le doglianze del contribuente emettendo sentenza a lui favorevole. L’amministrazione finanziaria proponeva ricorso in Commissione tributaria regionale, che tuttavia, confermava la decisione del giudice di prime cure ritenendo legittimato, il contribuente, ad impugnare i due diversi provvedimenti in quanto direttamente dipendenti l’uno dall’altro.

L’agenzia impugnava la sentenza di secondo grado, contestando nel proprio ricorso alla suprema corte, innanzitutto che i giudici tributari non avessero tenuto conto che la società aveva già impugnato con separato giudizio, unitamente ad altri soci, lo stesso avviso di accertamento, non appellando la sentenza sfavorevole, divenuta, quindi, definitiva, ed inoltre, in subordine, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell'art. 7 della legge n. 212 del 2000 riguardante la legittimità degli avvisi anche se privi della copia del processo verbale di constatazione emesso all'esito di una verifica fiscale svolta a carico della medesima s.n.c.

Il relatore, ravvisandone i presupposti, proponeva alla corte di dichiarare la nullità dell'intero giudizio poiché nel procedimento, sin dal primo grado, risultava violato l’obbligo di litisconsorzio.

Impatti pratico-operativi

Investita della questione, la VI Sezione Civile della Suprema Corte, con ordinanza n. 8211 del 14 marzo 2022, all’esito dell’adunanza cassava la sentenza impugnata accogliendo il rilievo dell’amministrazione finanziaria sulla falsa applicazione dell'art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e dell'art. 7 della legge n. 212 del 2000, rinviando in relazione al motivo accolto la vertenza alla Commissione tributaria regionale, in diversa composizione, perché provveda anche sulle spese del giudizio.

L’ordinanza in commento riporta un’interessante analisi sulla legittimazione del socio ad opporsi all’avviso di accertamento principale emesso nei confronti della società da cui derivi il maggior reddito a lui attribuito.

Sul tema i giudici della corte di cassazione sono intervenuti diverse volte stabilendo il principio secondo il quale “l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’articolo 5 Tuir e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazioni agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi”.

Soltanto nel caso in cui l’accertamento ai danni delle società comprenda, oltre che le imposte dirette, anche l’Irap e l’Iva, l’ente può agire in maniera autonoma.

Nell’ipotesi, infatti, in cui la società intenda impugnare l’accertamento ai suoi danni, contestando solo il maggior imponibile Iva o Irap, laddove possibile, non essendoci automatica imputazione dei redditi della società ai soci, non si renderà necessario un litisconsorzio.

Nella fattispecie in esame il litisconsorzio era necessario poiché, i maggiori ricavi accertati alla società essendo attribuiti pro-quota ai soci, avrebbe richiesto la partecipazione in giudizio di tutti i soggetti coinvolti direttamente.

Approfondendo l’analisi del caso, però, i giudici hanno rilevato la circostanza che la società aveva già impugnato unitamente ad altri soci, con separato giudizio, lo stesso avviso di accertamento, non appellando la sentenza sfavorevole che, quindi, era divenuta definitiva.

Alla luce dei fatti, la Cassazione ha ritenuto di escludere la dichiarazione d’ufficio della nullità dell’intero giudizio.

In merito poi all’opponibilità della sentenza favorevole ottenuta dall’Amministrazione finanziaria, nel ricorso proposto dalla società, i giudici hanno confermando il principio che il diritto di difesa, riconosciuto al singolo contribuente, impedisce di estendere il giudicato a chi non ha partecipato al processo o non è stato messo in grado di partecipare allo stesso.

Il socio, pertanto, può beneficiare del giudicato ma non può esserne pregiudicato.

Conclusioni

I giudici hanno affermato, nell’ordinanza in commento, un principio di diritto di assoluta rilevanza, stabilendo che l’annullamento parziale o totale dell’avviso di accertamento notificato alla società estende i suoi effetti anche in capo ai soci, sebbene gli stessi non abbiano partecipato al giudizio.

L’ordinanza tuttavia sembra in contrasto con alcune precedenti decisioni, in cui veniva affermata l’esistenza, del litisconsorzio necessario tra tutti i soci e la società di persone nella controversia instaurata da un socio che avesse contestato la rettifica del reddito societario definito con adesione da parte degli altri membri della compagine sociale, essendosi introdotta “una questione inscindibilmente comune tanto alla società, quanto a ciascun socio”. Soltanto attraverso il litisconsorzio, infatti, si realizzerebbe il principio costituzionale della parità di trattamento e della capacità contributiva ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione.

Riferimenti normativi:

Art. 5, Tuir

Art. 8, co. 2 e 3, Tuir

Art. 3, co. 1, lett. c), D.Lgs. n. 446/1997

Art. 40, co. 2, D.p.r. n. 600/1973

Art. 7, L. n. 212/2000

 

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