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Privacy: servono validi motivi e l’istanza dell’interessato per poter oscurare i dati da una sentenza

Al fine di ottenere l'oscuramento dei dati da una sentenza occorrono validi motivi come la delicatezza della materia o la presenza di dati sensibili. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22561/2021, non accoglie l'istanza relativa alla richiesta di ottenere l’oscuramento dei nomi dalla sentenza, poiché la questione non verte su questioni delicate e nel provvedimento non sono indicati dati sensibili.

Il caso

Due soggetti stipulavano un atto di compravendita immobiliare e al notaio incaricato veniva notificato un avviso di liquidazione dall’ufficio territoriale dell'Agenzia delle Entrate con cui gli venivano richieste maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali.

L'avviso veniva impugnato dal notaio, che affermava l'applicazione dell'aliquota agevolata visto che l'immobile oggetto del rogito, compreso il lastrico, in quanto pertinenza, costituiva una prima casa. Il ricorso veniva accolto, ma al contempo l'Agenzia ricorreva in appello e l'impugnazione veniva accolta dalla CTR.

Il notaio e i contribuenti ricorrevano in Cassazione facendo istanza per ottenere l'omissione dei dati dalla sentenza nel caso in cui sia comunicata a terzi ai sensi dell'art. 52 del Dlgs n. 196/2003.

La decisione della Corte

La Cassazione con l’ordinanza n. 22561/2021 ha stabilito che l’oscuramento dei dati contenuti in un provvedimento giudiziario può avvenire solo previa istanza dell’interessato e in presenza di motivi legittimi che è necessario esplicitare e che le linee guida del Garante Privacy identificano con la particolare natura dei dati e la delicatezza della vicenda trattata.

Secondo gli Ermellini può escludersi che in una contesa tributaria, fondata sulla diversa interpretazione che il contribuente e l’Erario offrono di una norma di legge, sussista alcuno di tali motivi: non sono in gioco dati sensibili, non si tratta di materia particolarmente delicata e non essendovi imputazione di illecito non sono neppure in gioco l’onore e la reputazione delle parti, che non hanno tenuto un comportamento elusivo ma si limitano a dissentire dalla interpretazione data dall’Erario ad una norma di legge.

Sulla richiesta di oscuramento dei dati gli Ermellini osservano che, a norma del suddetto art. 52, l’interessato, per motivi legittimi e con apposita istanza (da depositare prima che sia definito il relativo grado di giudizio), può chiedere che in caso di riproduzione della sentenza o del provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, le generalità e altri suoi dati identificativi riportati sull’originale siano oscurati.

La domanda di oscuramento deve quindi essereproposta e sostenuta dall’indicazione dei motivi legittimi che la giustificano e che la parte deve specificare.

All’onere di specificazione del motivo corrisponde il potere-dovere del giudice di vagliarne la legittimità, da intendersi in questo caso come meritevolezza delle ragioni addotte e non semplicemente come conformità della richiesta ad una facoltà prevista dalla legge.

La norma richiamata non contiene tuttavia l’indicazione di tali motivi legittimi, per cui è necessario desumerli in conformità ai principi fondamentali dell’ordinamento, bilanciando l’esigenza di riservatezza del singolo con il principio di generale conoscibilità dei provvedimenti giurisdizionali e del contenuto integrale delle sentenze, quale strumento di democrazia e di informazione giuridica.

Sul punto i giudici della Cassazione richiamano la possibilità di far riferimento alle linee guida del Garante della Privacy del 2 dicembre 2010, che al punto 3 indicano come motivi legittimi la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio i dati sensibili)o la delicatezza della vicenda oggetto del giudizio.

Muovendo da tali considerazioni, reputano dunque la richiesta formulata nel caso di specie non meritevole di accoglimento: in primo luogo perché le parti non hanno specificato quali sono i motivi legittimi che giustificano l’oscuramento, limitandosi ad invocare l’applicazione della norma, ma più in generale perché una contesa tributaria, fondata sulla diversa interpretazione che il contribuente e l’Erario offrono di una norma di legge, non contiene alcun dato sensibile, né si tratta di materia particolarmente delicata, come quelle che incidono sui diritti personalissimi.

Non essendovi imputazione di illecito, non sono peraltro neppure in discussione l’onore e la reputazione delle parti, che non hanno certo tenuto un comportamento elusivo ma si limitano a dissentire rispetto all’interpretazione data dall’Erario ad una norma di legge.

In conclusione i giudici hanno rigettato l’istanza di oscuramento avanzata dai ricorrenti.

Riferimenti normativi:

Linee guida Garante Privacy 2 dicembre 2010

Art. 52, D.Lgs n. 196/2003

 

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