Imposta di registro: trasferimento di terreno agricolo ad “agricoltore” ed aliquota da applicare

Con la recentissima risposta ad interpello numero 7 del 24 giugno 2020, in tema di imposta di registro, l’Agenzia delle Entrate fornisce importanti indicazioni sull’aliquota propria dei trasferimenti dei terreni agricoli, nell’ipotesi in cui l’acquirente – benchè in possesso dei requisiti previsti per l’agevolazione fiscale della piccola proprietà contadina – rinunci ad essa.

L’imposizione che grava sugli atti traslativi a titolo oneroso dei terreni agricoli non è di poco conto.

Ai sensi dell’articolo 1, comma III, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 numero 131, “se il trasferimento ha per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale”, l’aliquota da applicare per l’imposta di registro alla base imponibile – cioè al c.d. “valore venale in comune commercio dei beni” (articolo 51, comma II, D.P.R. 131/1986) - è pari al 15%. La medesima disposizione normativa, al comma I, prevede l’aliquota del 9% per gli “atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere”.

Secondo il parere del fisco – che condivide la tesi prospettata dal notaio istante – in seguito alla rinuncia in atto alle agevolazioni per la p.p.c., torna applicabile - al trasferimento dei terreni agricoli a favore di coltivatore diretto, ovvero imprenditore agricolo professionale, regolarmente iscritti nella gestione previdenziale - l’imposta di registro nella misura del 9%, ferme logicamente le ipo-catastali dovute nella misura di euro 50,00 ciascuna, ex articolo 10, comma III, D. Lgs. 14 marzo 2011 numero 23.

Qualche considerazione ulteriore può consentire una più facile lettura del provvedimento di prassi e richiamare taluni quesiti ricorrenti in tema.

L’agevolazione fiscale della piccola proprietà contadina è stata definitivamente introdotta nel sistema dall’articolo 2, comma IV-bis, d.l. 30 dicembre 2009 numero 194, convertito con modifiche dalla Legge 26 febbraio 2010 numero 25: “... gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, ... sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa ed all’imposta catastale nella misura dell’1% per cento” (per una disamina articolata dei soggetti beneficiari dell’agevolazione, A. Busani, Le agevolazioni per l’acquisto di terreni agricoli, in Dir. e prat. trib., 2016, 968). La norma sanziona con la decadenza dall’agevolazione coloro che “prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente”.

Risulta, da subito, evidente che mentre nel TUR l’oggetto della prestazione è individuato rispetto alla natura (agricola) del terreno, senza riferimento allo strumento urbanistico, l’agevolazione citata pone l’accento su quest’ultimo elemento, analogamente a quanto statuito in ordine alle aree fabbricabili dall’articolo 36, comma II, d.l. 223/2006, convertito con modifiche dalla Legge 4 agosto 2006 numero 248: “un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo” (sui concetti di “terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria”, “terreno agricolo” e “fondo rustico”, di recente, A. Piscitello, La qualificazione urbanistica dei terreni: effetti sulle imposte indirette, Studio CNN numero 16-2018/T).

Come riconosciuto da una giurisprudenza risalente negli anni, gli uffici finanziari non possono discostarsi dalle risultanze delle certificazioni rese da organi amministrativi, quali gli ispettorati provinciali dell’agricoltura. Ergo, una volta ottenuto il certificato attestante la sussistenza dei requisiti richiesti per usufruire dei benefici di legge, la materia non può formare oggetto di “accertamento” (per un provvedimento “datato”, Cass., sez. I, 3 settembre 1993 numero 9321).

Quanto alla decadenza dalle agevolazioni, la Corte Suprema – riproponendo quanto ribadito dall’Agenzia delle Entrate con le risoluzioni numeri 324/E e 325/E del 30 luglio 2008 - ha riconosciuto che anche la permuta infra-quinquennale rientra in tale ambito. Invero, “il sistema normativo che regola la formazione della piccola proprietà contadina è caratterizzato da indubbia finalità pubblicistica. Alla base di esso vi è il divieto di cessare dalla coltivazione diretta del fondo assegnato....L’alienazione, dunque, non coincide ... con la vendita essendo evento economico neutrale rispetto alla forma negoziale. Il tentativo di negare il carattere di alienazione a un atto di permuta che per l’appunto fa uscire dal patrimonio un bene ancorché non in cambio di una somma di denaro, non ha alcuna ragionevolezza giuridica” (Cass., sez. trib., 26 gennaio 2018 numero 2013; Cass., sez. V, 10 aprile 2006 numero 8369; Cass., 9 aprile 1981 numero 2042).

Non bisogna dimenticare che il fisco ritiene che l’acquirente “coltivatore diretto” - se coniugato ed in regime di comunione legale dei beni con altra persona che non abbia la medesima qualifica – beneficia dell’agevolazione solo al 50%, nonostante che gli effetti del trasferimento si realizzino ope legis, ai sensi dell’articolo 177 c.c. (risoluzione 14 febbraio 1984 numero 240837; circolare 11 luglio 1986 numero 43/3153).

Tornando alla risposta ad interpello in esame, secondo l’Agenzia delle Entrate, dalla lettura a contrario del menzionato articolo 1, comma III, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 numero 131, si ricava “che il trasferimento di terreni agricoli e delle relative pertinenze effettuato a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, in assenza della richiesta delle <agevolazione per la piccola proprietà contadina>, è soggetto all’imposta di registro nella misura del 9 per cento prevista per <gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere>...Detta interpretazione letterale appare confortata dall’esame della Relazione Tecnica alla Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016), la quale, al comma 905 ha previsto l’innalzamento dell’aliquota dell’imposta di registro dal 12 per cento al 15 per cento, per i trasferimenti di terreni agricoli effettuati da <rentiers>, ovvero quei soggetti che non rivestano la qualifica di coltivatori diretti o di imprenditori agricoli professionali, al fine di agevolare l’acquisto di terreni agricoli che sia finalizzato alla loro coltivazione. Alla luce di quanto premesso, appare condivisibile, ai fini dell’imposta di registro, il trattamento tributario proposto da parte del Notaio istante nel caso in cui l’acquirente rinunci espressamente in atto alle agevolazioni in materia di piccola proprietà contadina, perché consapevole di non poter rispettare le condizioni previste, a pena di decadenza dal citato articolo 2, comma 4-bis, del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194. In tale caso pertanto, in seguito alla rinuncia delle predette agevolazioni per la PPC torna applicabile, al trasferimento dei terreni agricoli a favore dei soggetti in possesso dei requisiti di cui sopra, l’imposta di registro nella misura del 9 per cento”.

Riferimenti normativi:

Art. 1, comma III, Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131

Art. 51, comma 2, D.P.R. n. 131/1986

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