Famiglia, minori e successioni

Il marito va a vivere con l’amante: separazione a lui addebitata

Con la sentenza 23 aprile 2020, n. 664, il Tribunale di Velletri, sez. I Civile, Presidente Relatore, dott. Garri ha: i) dichiarato la separazione personale tra i coniugi con addebito al marito; ii) disposto l’affidamento condiviso dei figli minori con collocamento prevalente presso la madre; iii) determinato in complessivi euro 1.000 l’assegno di mantenimento che il padre corrisponderà ai figli; iv) disposto che il padre contribuisca all’80% delle spese straordinarie e, infine, v) determinato in euro 600 l’assegno di mantenimento dovuto dal marito alla moglie.

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI:

Conformi:

Cass. 19/02/2018, n. 3923; Cass. 20/08/2014, n. 18074; Cass. 28/04/2006, n. 9877; Cass. 16/11/2005, n. 23071; Cass. 12/01/2000, n. 279; Cass. 01/03/2018, n. 4811; Cass. 04/09/2015, n. 17667; Cass. 10/07/2013, n. 17089; Cass. 09/03/2018, n. 5817; Cass. 16/05/2017, n. 12196; Cass. 12/01/2017, n. 605

Difformi:

Non si rinvengono precedenti

Il giudice, in riferimento alla domanda di addebito della separazione, ha accertato la sussistenza del comportamento in violazione dei doveri coniugali tenuto dal marito e che detta trasgressione ha causato la crisi matrimoniale ritenendo, pertanto, sussistente un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza, condicio sine qua non per l’addebito.

Con riferimento all’assegno di mantenimento in favore dei figli, il Tribunale ne ha determinato l’ammontare sulla base del principio di proporzionalità; mentre, per quanto concerne l’assegno in favore della moglie, ha riscontrato la sussistenza dei tre presupposti richiesti dalla giurisprudenza: i) non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente l’assegno; ii) mancanza da parte della moglie di redditi propri e iii) sussistenza di una disparità economica fra i coniugi.

Il ricorrente ha proposto ricorso per sentir pronunciare la separazione giudiziale fra i coniugi e richiedendo altresì che:

i) l’assegno di mantenimento in favore dei figli minori venisse determinato in euro 400; ii) l’assegno in favore della moglie venisse quantificato in euro 300 e iii) venissero ripartite in egual misura fra i coniugi le spese straordinarie.

La resistente, costituitasi in giudizio, ha formulato le seguenti conclusioni:

i) pronunciare la separazione personale dei coniugi con addebito al marito; ii) determinare quale contributo al mantenimento della moglie un assegno pari a euro 2.000; iii) quale contributo ai figli, un assegno di euro 1.000 e iv) disporre a carico del ricorrente l’80% delle spese straordinarie.

Le parti hanno incentrato la controversia dinanzi al giudice istruttore, a seguito dei provvedimenti presidenziali, su due punti fondamentali:

i) la determinazione degli assegni di mantenimento che il marito dovrà corrispondere alla moglie e ai figli e ii) la domanda di addebito formulata dalla moglie in virtù della relazione extraconiugale del marito.

Quanto alla pronuncia di addebito, secondo la giurisprudenza consolidata siffatta pronuncia presuppone l’accertamento che il comportamento contrario ai doveri coniugali abbia causato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e che sussista, pertanto, un nesso causale fra i comportamenti addebitati e il determinarsi dell’insostenibilità della convivenza. Corollario di tale impostazione è che grava sulla parte che richiede l’addebito della separazione l’onere di provare la condotta infedele e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Nel caso di specie, risulta provato che la relazione extraconiugale del marito è iniziata ben prima della crisi coniugale e ne è stata la causa. Il marito aveva da anni una parallela relazione extraconiugale, scoperta dalla moglie allorché nasceva il terzo figlio della coppia, come ammesso dall’amante stessa, e decideva di lasciare la casa coniugale.

Con riferimento all’assegno di mantenimento per i figli, il Tribunale, nel determinarne l’ammontare complessivo, ha preso le mosse dal principio di proporzionalità, effettuando una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori, unitamente alla considerazione delle esigenze attuali del figlio e del tenore di vita da lui goduto. Più precisamente, e con riferimento al coniuge obbligato, deve aversi riguardo alla sua complessiva capacità economica, comprensiva di ogni utilità economicamente valutabile. Il Tribunale riteneva che il marito avesse una reale capacità reddituale non compatibile con quanto dichiarato in termini di utili derivanti dalla impresa familiare costituita con il figlio maggiorenne, ritendendo presumibile che gran parte degli introiti nella misura di circa il 50% venissero percepiti in nero. Alla moglie veniva assegnata l’abitazione familiare in comproprietà tra i coniugi.

Infine, e poiché la separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale e del dovere di assistenza materiale, il Tribunale ha dichiarato il mantenimento in favore della moglie dopo averne riscontrato i presupposti richiesti dalla giurisprudenza:

i) non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente l’assegno; ii) mancanza da parte della moglie di adeguati redditi propri e iii) sussistenza di una disparità economica fra i coniugi tra i due coniugi, dovendosi precisare che con il termine di “reddito” il legislatore ha voluto riferirsi non solo al denaro ma anche ad ogni altra diversa utilità, purché economicamente valutabile.

Riferimenti normativi:

art. 2697 cod. civ.

art. 147 cod. civ.

art. 155 cod. civ.

art. 156 cod. civ.

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