Sulla ricevibilità dell’atto richiesto dal soggetto positivo al Covid-19 o in isolamento fiduciario

Di seguito l’articolo del dott. Semprini, pubblicato su Notariato n. 2/2021, Ipsoa, Milano.

Il contributo si interroga sul modus operandi che il notaio dovrà adottare in relazione alla richiesta di redigere un atto da parte di un soggetto positivo al Covid-19 oppure in isolamento fiduciario. In particolare, l’autore si chiede, nel presente contesto emergenziale, come si concilino tra loro il persistente obbligo del notaio di prestare il proprio ministero (ai sensi dell’art. 27 L. not.) e le misure restrittive alle libertà di movimento dettate dal legislatore per i soggetti contagiati o in isolamento fiduciario.

Introduzione

Nella presente stagione emergenziale numerosi sono i problemi giuridici venuti all’attenzione degli operatori. L’imponente produzione normativa connessa alla pandemia[1] (paragonata ad una vera e propria “legislazione di guerra”[2]), se da un lato ha tentato di rispondere in modo celere all’emergenza sanitaria, dall’altro ha creato in numerosi settori incertezze e problemi di compatibilità con l’impianto normativo vigente[3]. Ciò è avvenuto anche nel quadro giuridico che regola l’attività notarile[4], presidio pubblico a tutela degli interessi dei privati: non è chiaro, infatti, come questa si concili con le restrizioni di movimento imposte a soggetti contagiati da Covid-19 o in isolamento fiduciario; in altri termini, non è ben chiaro come questi soggetti possano esprimere urgenti volontà negoziali nel periodo in cui è loro vietato di muoversi dall’abitazione.

Se inizialmente, però, la speranza e l’illusione di trovarsi di fronte ad una temporanea fase emergenziale avevano indotto legislatore e dottrina a posticipare riflessioni dirimenti (per la corretta prosecuzione della vita sociale), sembra inevitabile ora interrogarsi su siffatte tematiche, vista la prosecuzione dell’emergenza sanitaria e le sue possibili reiterazioni. Sulla ricezione degli atti richiesti da soggetti contagiati dal Covid-19 oppure in isolamento fiduciario, infatti, nulla è stato delineato, né in sede legislativa, né da parte della associazione di categoria (Notariato), rimanendo tutto nella libera discrezionalità dei notai chiamati a prestare il proprio ministero: intuitivamente, in ossequio alla preminente tutela del diritto alla salute, la scelta primaria dei pubblici ufficiali è stata il rinvio degli atti richiesti a data da destinarsi (successiva al venir meno della positività o al termine della quarantena precauzionale del richiedente); d’altro canto, però, una tale soluzione finisce per pregiudicare i diritti dei cittadini in malattia, i quali vengono così privati (seppur temporaneamente) del diritto di prendersi cura dei propri interessi patrimoniali (con la stipulazione di un atto inter vivos, ad esempio) e/o del diritto di esprimere le loro ultime volontà (mediante testamento pubblico).

Il presente lavoro, in sintesi, si interroga sul più corretto modus operandi che il notaio dovrà adottare in relazione alla richiesta di stipula proveniente da un soggetto positivo al Covid-19 (oppure in isolamento fiduciario). A questo fine, dopo aver brevemente ricostruito il quadro normativo in materia di restrizioni alla libertà di movimento per i citati soggetti (con precisazione delle relative conseguenze sanzionatorie in caso di violazione delle stesse), si rifletterà sull’attività notarile nel presente contesto emergenziale, con specifico riferimento all’obbligo di ricevere gli atti richiesti ai sensi dell’art. 27, L. 16 febbraio 1913, n. 89 (legge notarile); chiariti il perimetro di applicazione e la disciplina giuridica correlata al citato obbligo, si ragionerà sul conflitto di norme potenzialmente ravvisabile tra le disposizioni della legge notarile e quelle della normativa emergenziale. In conclusione, nell’ottica di individuare un più adeguato bilanciamento tra i citati interessi contrapposti, verrà auspicata: in primo luogo, la predisposizione di protocolli operativi da parte del Notariato (di concerto con le autorità mediche e di pubblica sicurezza), aventi ad oggetto linee guida di comportamento per i notai chiamati a prestare il proprio ministero in questi specifici casi; e/o, in secondo luogo, l’introduzione di misure eccezionali che consentano - quantomeno per il presente periodo emergenziale - la realizzazione di atti telematici (v. procura a distanza), alla pari di quanto avvenuto in altri Paesi europei (Francia).

Le restrizioni agli spostamenti per i soggetti positivi al Covid-19 o in isolamento fiduciario: il quadro normativo

Il percorso metodologico ora delineato non può che iniziare da un chiarimento sul labirintico quadro normativo connesso alla pandemia da Covid-19; in particolare, in questa sede, occorre preliminarmente individuare le disposizioni che hanno ad oggetto restrizioni alla libertà di movimento per i soggetti positivi al Covid-19 e per coloro che siano in isolamento fiduciario, nonché le conseguenze sanzionatorie connesse alla violazione di tali norme.

Quanto alle citate restrizioni, si fa riferimento, innanzitutto, alle norme dettate dal D.L. 25 marzo 2020, n. 19, (conv. con modificazioni con L. 22 maggio 2020, n. 35), poi richiamato in tutti i successivi testi normativi emergenziali emanati. Questo decreto, da un lato, all’art. 2, lett. d), D.L. n. 19/2020 ha legittimato l’applicazione di misure restrittive per coloro che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di Covid-19[5], e dall’altro lato, all’art. 2, lett. e), ha imposto il divieto assoluto di allontanarsi dall’abitazione per coloro che siano risultati positivi al Covid-19[6]. Si tratta, in sostanza, di misure restrittive della libertà di movimento di tali soggetti, le prime aventi una preminente funzione preventiva (dalle quali, però, vengono esentati una serie di soggetti specifici, aventi rilievo pubblico[7]), le seconde finalizzate al contenimento della pandemia. Nel complesso, ad ogni modo, si sta facendo riferimento a misure restrittive applicabili ad un numero significativo di cittadini, alle quali sono connesse una serie di importanti conseguenze sanzionatorie: si vedano, al riguardo, (i) quelle introdotte dagli artt. 4[8], D.L. 25 marzo 2020, n. 19, e 2[9], D.L. 16 maggio 2020, n. 33, (ii) quelle già esistenti delineate dall’art. 260[10], R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, nonché (iii) i potenziali reati connessi alla violazione delle misure restrittive di cui agli artt. 438[11] e 452[12] c.p. L’impianto sanzionatorio che ne deriva, in sintesi, mira ad assumere il ruolo di deterrente per tutti coloro che intendano trasgredire alle misure restrittive sopra delineate.

Brevi precisazioni meritano poi le tempistiche connesse a siffatte restrizioni, in quanto utili per comprendere il perimetro temporale di un potenziale rinvio (da parte del notaio) dell’atto richiesto dal cliente positivo al Covid-19 oppure in quarantena precauzionale. Ebbene, come precisato dal Ministero della Salute[13]: (i) i positivi sintomatici potranno rientrare in comunità dopo un test molecolare negativo (effettuato dieci giorni dopo la comparsa dei sintomi e dopo almeno tre giorni senza sintomi); (ii) i contatti stretti asintomatici dovranno rimanere in isolamento per 14 giorni oppure per 10 giorni dall’ultima esposizione con un test molecolare negativo; (iii) i positivi a lungo termine, seppur ancora positivi, ma senza sintomi da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi.

È evidente come siffatte restrizioni dureranno per un periodo di tempo limitato: il problema, pertanto, sembra porsi principalmente per i positivi di lungo termine, oltre che per tutti gli ospedalizzati in condizioni più o meno critiche. Giocoforza, sembra ragionevole ritenere che, solamente per gli atti urgenti e per quelli per i quali i clienti non siano disposti ad un rinvio, dovrà ragionarsi su possibili soluzioni alternative per il rogito.

L’attività notarile nel presente quadro emergenziale. La funzione pubblicistica del notaio e l’obbligo di cui all’art. 27 l. not.

Quanto all’attività notarile nell’attuale stagione pandemica, innanzitutto, deve sottolinearsi come questa sia proseguita più o meno regolarmente, sulla scorta del disposto dell’art. 142 dl. not.[14], il quale punisce con la destituzione il notaio che abbandona la sede in occasione di malattie epidemiche o contagiose. Siffatta misura, fino ad oggi considerata desueta (ed infatti raramente commentata dagli interpreti) evidenzia chiaramente la natura del notaio quale giurista di prossimità[15], chiamato a ricevere la volontà dei privati, adeguandola all’impianto dell’ordinamento, anche in momenti di emergenza sociale.

Posto l’obbligo di presidiare la sede principale, però, non è ben chiaro come il citato pubblico ufficiale debba esercitare le proprie funzioni. Invero, per rispondere a questo interrogativo, occorre prendere in considerazione e riflettere sulla portata dell’art. 27 l. not.[16], il quale obbliga il notaio a prestare il proprio ministero ogniqualvolta ne sia richiesto[17] (salvo deroga dell’art. 28 l. not., il quale, di converso, delinea gli atti da non ricevere[18]): questo, in altri termini, impone al notaio di soddisfare le richieste dei clienti, integrando un significativo ulteriore indizio ai fini del riconoscimento della sua importante funzione pubblica. Il notaio, in breve, “incontra una duplice barriera: da una parte gli interessi dei privati, che hanno diritto ad utilizzare l’opera notarile per una prestazione professionale che l’art. 27 l. not. riconosce come dovuta; da un’altra parte gli interessi della collettività nazionale, che non possono essere calpestati dall’attività negoziale dei privati, e per la tutela dei quali il notaio deve fare riferimento al c.d. controllo di legalità che gli impone l’art. 28 l. not.”[19]. Vi è quindi, da parte del notaio, il tentativo di assecondare gli interessi delle parti senza violare altri interessi della collettività. Sicché, in altre parole, “[...] il notaio effettua una prestazione professionale [...] ma in ogni caso egli deve analizzare il livello di pericolo dell’opera prestata, nei confronti dell’interesse collettivo”[20]. Nel caso in oggetto, inserito in un contesto di emergenza pandemica, invero, il livello di pericolo ora citato non attiene alla violazione dell’impianto normativo dell’ordinamento italiano, quanto, invece, al possibile pregiudizio ad altri valori tutelati in maniera preminente dall’ordinamento (v. tutela del diritto alla salute, come si vedrà meglio di seguito).

Peraltro, a completamento di quanto appena detto, deve precisarsi che, a seguito della richiesta del cliente, il notaio dovrà teoricamente ricevere l’atto entro un ragionevole tempo, a pena della conseguenza sanzionatoria della sospensione disciplinare di cui all’art. 138 l. not.[21] (beninteso, il tempo dedicato e richiesto per la ricezione dell’atto dovrà però essere proporzionale alle difficoltà del caso concreto[22]).

Al riguardo, inoltre, quanto alla violazione dell’obbligo di stipula sopra citato, si è discusso anche della possibile applicabilità della più grave sanzione prevista dall’art. 328 c.p. (rubricato “Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione”)[23], laddove l’omissione del notaio incontri i caratteri dell’articolo citato[24]. Sul punto, però, deve chiarirsi che la norma non presenta rilevanti applicazioni in relazione all’attività notarile[25]; a maggior ragione, l’inerzia o indebita omissione (ovvero non giustificata da un legittimo motivo[26]) che viene generalmente richiesta al pubblico ufficiale (ai fini della configurabilità del reato) non sembra possa richiamarsi nel caso di specie, nel quale l’emergenza epidemiologica impone valutazioni eccezionali[27]. Si approfondisca però, dal punto di vista giuridico, tale ultimo aspetto; si tenti quindi di meglio comprendere il rapporto tra l’obbligo citato (ai sensi degli artt. 27 e 142, comma 1, lett. c, l. not.) e le disposizioni emergenziali.

(Segue) Sul potenziale conflitto di norme. La preminente tutela del diritto alla salute

Innanzitutto, occorre precisare un elemento di fatto: nel caso ordinario in cui un cliente (positivo al Covid-19 o in quarantena precauzionale) richieda al notaio la stipula di un atto inter vivos oppure di un atto di ultima volontà, le sopra citate restrizioni alla libertà di movimento per tali soggetti impediranno loro di raggiungere lo studio del notaio (luogo che costituisce, nell’attuale fase emergenziale, l’unico/principale contesto di stipula, nel quale viene assicurato il necessario distanziamento fisico in chiave di precauzione alla ulteriore diffusione epidemica[28]). È in questo senso che le disposizioni emergenziali introdotte potrebbero dirsi in conflitto, quale norma posteriore e speciale (e sicuramente prevalente), con le disposizioni della legge notarile. In verità, però, deve anche precisarsi, la legge notarile non impone la stipula dell’atto nello studio del notaio (salvo specifici casi; v. art. 66, comma 4, l. not.[29]), quanto semplicemente la sua realizzazione all’interno del relativo distretto di competenza (come anche confermato dall’art. 26 l. not.[30]). In casi analoghi, infatti, ovvero in relazione a tutti gli ospedalizzati, il notaio viene da sempre chiamato a ricevere gli atti nelle rispettive strutture che li accolgono; trattasi di un servizio a domicilio, richiesto ed imposto dalla funzione pubblica di cui è connotata l’attività notarile. Nell’attuale contesto pandemico, però, la questione si pone in termini più gravi, vista l’alta contagiosità del virus.

In particolare, tale problematica si pone in maniera rilevante: (a) in relazione al ricevimento di atti urgenti, il cui ritardo potrebbe pregiudicare valori e diritti nevralgici (si pensi, ad esempio, al testamento del soggetto in fin di vita, il quale intenda disporre delle proprie sostanze a causa di morte, ma non sia in grado di redigere un valido testamento olografo; oppure si consideri la vendita urgente dell’abitazione, per non incorrere nella decadenza dalle agevolazioni prima casa, le quali produrrebbero gravi conseguenze sulla stabilità finanziaria del privato; ecc.); ma anche (b) nel caso di atti non rinviabili per espressa volontà del cliente (come in un ipotetico caso nel quale il cliente, non potendo spostarsi dalla sua abitazione, chieda di poter conferire ad un altro soggetto una procura per il compimento di un importante affare; ecc.). Ebbene, in queste situazioni, come dovrà comportarsi il notaio? Può rifiutare l’incarico (o rinviarlo a data da destinarsi[31]) in contrapposizione a quanto dispone l’art. 27 l. not., oppure dovrà fare tutto quanto in suo potere per ricevere la volontà del cliente?

Ovviamente, in casi peculiari nei quali vi sia soggetto positivo al Covid-19 in condizioni critiche che intenda effettuare testamento pubblico, il notaio sarà chiamato, nei limiti del possibile, a fornire tutta l’assistenza richiesta, veicolando ad esempio le proprie competenze nell’ottica di agevolare il cliente nella redazione di un testamento olografo (oppure di un testamento speciale di cui all’art. all’art. 609 c.c., il quale richiede comunque la presenza fisica). Laddove però il cliente non possa testare autonomamente, il conflitto tra norme si evidenzia in tutta la sua gravità. Sono due però gli argomenti che, nell’attuale contesto emergenziale, legittimano la scelta del notaio di rinviare l’atto richiesto a data da destinarsi, successiva al venir meno della positività o della conclusione dell’isolamento fiduciario. Il primo è di natura tecnica: il divieto di allontanarsi dall’abitazione e di rimanere in quarantena, applicabile al soggetto positivo o in isolamento fiduciario, ricomprende logicamente anche il divieto di accogliere ed ospitare presso il proprio domicilio soggetti terzi non conviventi (in questo caso, il notaio), i quali non dovranno violare le misure precauzionali imposte dalla legge (ravvisandosi, in caso contrario, una indiretta violazione delle stesse). Il secondo argomento, invece, è di natura sistematica: in un caso analogo, infatti, non può farsi a meno di rilevare come, nel bilanciamento tra interessi contrapposti, assuma rilievo predominante la tutela del diritto alla salute del pubblico ufficiale (quale privato cittadino); trattasi di diritto costituzionalmente protetto ai sensi dell’art. 32 Cost., e da intendersi quale diritto della personalità, ovvero quale diritto soggettivo assoluto (secondo collocazioni classiche del diritto privato) che dovrà qui prevalere sul contrapposto interesse del soggetto privato alla tutela dei propri affari. Per siffatte ragioni, nella presente stagione pandemica, sembra possibile ritenere legittimo il rinvio, da parte del notaio, dell’atto richiesto dal soggetto positivo al Covid-19 o in isolamento fiduciario.

Il pregiudizio dei diritti dei privati. Alla ricerca di un bilanciamento tra interessi contrapposti. Sull’utilizzo di dispositivi di protezione idonei a giudizio del personale medico specializzato

A fronte di quanto precisato, però, non può farsi a meno di notare come tale esito determini un rilevante pregiudizio al diritto dei privati di veder ricevute le proprie volontà negoziali. A maggior ragione, tale mancata soddisfazione dei diritti dei cittadini si pone a distanza di più di un anno dal sorgere dell’emergenza pandemica, senza che sia stata individuata una soluzione normativa oppure operativa per evitare la reiterazione di tali pregiudizi. Dovendo evitarsi comportamenti imprudenti che finirebbero per alimentare la catena del contagio[32], pertanto, sembra al giorno d’oggi necessario interrogarsi e ragionare sulla predisposizione di soluzioni alternative, le quali, in ossequio alla funzione pubblica del notaio, contemperino gli interessi in gioco senza violare inderogabili disposizioni di legge. Due sono i sentieri percorribili: il primo, di seguito descritto, de iure condito; il secondo, delineato nel successivo paragrafo, de iure condendo.

Quanto al primo, deve precisarsi, nella perdurante inerzia del legislatore (il quale sembra talvolta aver abdicato al suo ruolo di regolazione normativa di contesti critici), dovranno essere gli operatori ad individuare adeguati percorsi attuativi che conducano ad una soluzione di equilibrio tra gli interessi contrapposti. Al riguardo, con specifico riferimento agli atti urgenti o comunque agli atti che il cliente positivo o in isolamento fiduciario non sia disposto a rinviare, l’unico ragionevole esito che può prospettarsi (di bilanciamento tra la tutela della salute del notaio e la soddisfazione del diritto del privato di regolare convenzionalmente i propri interessi) è quello che garantisce la ricezione dell’atto nel rispetto delle norme di pubblica sicurezza; ed allora, posta la quarantena dei soggetti positivi o in isolamento fiduciario, sembra preferibile ritenere che la stipulazione (ad opera del notaio) dell’atto richiesto da questi ultimi possa avvenire solo nel rispetto delle disposizioni di legge e con l’ausilio dei dispositivi di protezione reputati idonei a giudizio del personale medico specializzato. Questa sembra essere la soluzione più equilibrata, laddove ovviamente risulti possibile operare di concerto con le autorità sanitarie e di pubblica sicurezza: questa infatti contempera, da un lato, l’interesse dei privati di veder soddisfatte le proprie richieste negoziali, dall’altro lato, il rispetto delle norme di legge e la tutela della salute da parte dei notai che operino nell’esercizio della loro pubblica funzione.

Tale ricostruzione, invero, è sostenuta anche dal Notariato, nella comunicazione del 3 maggio (rinvenibile sul sito della categoria), nella quale, dopo alcune indicazioni di carattere generale (sulla previsione dello studio notarile quale luogo di norma idoneo per le relative stipule[33]) si legge che “nel caso di cittadini affetti da virus o in quarantena, i notai presteranno loro il proprio ministero nel rispetto dei DPCM ove le autorità sanitarie e di pubblica sicurezza - garantendo dispositivi di protezione idonei a giudizio del personale medico - consentissero l’accesso al notaio e alle eventuali altre parti, nei luoghi ove si trova la parte contagiata o in quarantena”[34]. A fronte del sopra citato assunto, però, non è stato predisposto (da parte dell’associazione di categoria) alcun iter condiviso con le autorità sanitarie e di pubblica sicurezza (per la determinazione del più corretto modus operandi), con grave pregiudizio dei diritti dei privati; in breve, alla raccomandazione citata, non è seguito alcun documento ufficiale attestante le linee guida di comportamento da adottare, o contenente eventuali convenzioni o accordi con le autorità sanitarie.

La conseguenza è indubbiamente grave, per i diritti dei privati e per il funzionamento dei traffici giuridici: nell’assenza di siffatte linee guida (e/o di percorsi operativi condivisi), infatti, tutto viene rimesso alle scelte (difficilmente sindacabili) del notaio, il quale, ragionevolmente, si limiterà a rinviare l’atto; e per tale scelta (pur contrastante con l’obbligo dell’art. 27 l. not.), giocoforza, non potrà essergli imputata alcuna responsabilità disciplinare (e/o penale), stante la tutela preminente del diritto alla salute. Si auspica, pertanto, un celere intervento da parte della associazione di categoria, nell’ottica di predisporre, prima che sia troppo tardi, un percorso operativo condiviso (con le autorità sanitarie e di pubblica sicurezza) per la ricezione degli atti urgenti richiesti da soggetti positivi al Covid-19 oppure in quarantena precauzionale.

(Segue) Prospettiva de iure condendo: l’introduzione di norme emergenziali

Chiarita la prospettiva de iure condito, è possibile ora ragionare sulle prospettive de iure condendo ovvero sui possibili interventi legislativi utili a questo fine; d’altronde, situazioni eccezionali meritano risposte eccezionali, anche se limitate dal punto di vista temporale.

Si tratta, invero, di principio già accolto in questa fase dal legislatore, con specifico riferimento ad alcune norme in deroga a principi fondamentali del diritto contrattuale (nell’ottica di superare gli ostacoli posti dal distanziamento sociale e dai divieti di spostamento). Tra questi, grande rilievo presenta, ad esempio, l’art. 4, D.L. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla L. 5 giugno 2020, n. 40, il quale, in deroga alla forma dei contratti bancari e nell’ottica di agevolarne la sottoscrizione nel corso dello stato di emergenza epidemiologica, ha previsto modalità semplificate che prescindono da una sottoscrizione autografa[35]; trattasi, in breve, di anomala manifestazione di volontà da parte del cliente, eccezionalmente idonea a concludere un contratto bancario in forma scritta (come richiesto a pena di nullità dal T.U.B. agli artt. 117, 125-bis, 126-quinques, 126-quinquesdecies)[36] e dotata della medesima efficacia probatoria di cui all’art. 2702 c.c.[37]. Ed ancora, oltre alla citata previsione di cui all’art. 4, D.L. n. 23/2020, si vedano anche: (a) l’art. 33, D.L. 19 maggio 2020, n. 34, che richiama analoga procedura per i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento (di cui all’art. 23, D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e disposizioni di attuazione degli artt. 95 e 98-quater, D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e i contratti di assicurazione (art. 165, D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 e art. 1888 c.c.); e (b) l’art. 34, D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (Decreto c.d. “Rilancio”), in relazione alla sottoscrizione di contratti di collocamento di buoni fruttiferi postali dematerializzati (rispetto ai quali si riconosce la manifestazione del consenso per via telefonica, da attestarsi mediante registrazione vocale)[38].

Quanto all’attività notarile, degna di rilievo è la previsione di cui all’art. 106, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni da L. 24 aprile 2020, n. 27, la quale delinea norme eccezionali in materia di svolgimento delle assemblee di società ed enti, legittimando lo redazione di verbali di assemblea a distanza ed in via elettronica[39] (sul punto, inoltre, si segnala anche l’art. 73, D.L. n. 18/2020, avente ad oggetto semplificazioni in materia di organi collegiali); invero, seppur un verbale senza parti fosse già ritenuto ammissibile[40], con la citata disposizione (introdotta con l’obiettivo di evitare il pericolo di contagio derivante dal contatto tra le persone) si è ammessa (a) l’espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza (e l’intervento in assemblea con mezzi di telecomunicazione), anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, (b) la possibilità che presidente, segretario o notaio non si si trovino nel medesimo luogo, nonché (c) che l’assemblea si svolga in via esclusiva mediante mezzi di telecomunicazione (senza che gli aventi diritto siano chiamati ad intervenire fisicamente nel luogo di svolgimento dell’assemblea).

Ebbene, tale spinta innovatrice, ravvisata nelle disposizioni ora citate, non è stata però accolta in relazione all’atto pubblico a distanza (il quale sarebbe stato un utile strumento nel presente contesto pandemico). Invero, la sua introduzione, seppur auspicata da autorevoli voci[41], non è mai divenuta una concreta possibilità in questo periodo emergenziale, per svariate ragioni, alcune delle quali non conferenti al problema in oggetto (come la competenza territoriale del notaio, la quale merita ampie ed autonome riflessioni[42]); beninteso, un’apertura, seppur temporanea, alla stipulazione di atti pubblici in formato digitale (o anche solo di una procura digitale[43]) forse non avrebbe risolto completamente le problematiche anzidette, connesse alle richieste di soggetti positivi al Covid-19 o in quarantena precauzionale, ma sicuramente avrebbe fornito ai cittadini uno strumento idoneo alla tutela dei propri interessi di natura patrimoniale.

D’altronde, deve precisarsi, alla luce della sempre più dirompente spinta alla digitalizzazione (anche europea, vista la direttiva UE 2019/1151 sulla costituzione online delle società), sembra ragionevole ritenere che i dubbi sull’introduzione dell’atto pubblico digitale non attengano più all’an, ma al quando, trattandosi di naturale evoluzione nell’attività sociale e professionale degli anni venturi. Tali istanze sono state infatti accolte in altri Paesi, tra i quali la Francia; in quest’ultima, nella prima fase pandemica è stata introdotta la possibilità di redigere un atto a distanza (seppur per il periodo emergenziale[44]), mentre dal 22 novembre 2020 è vigente la c.d. procuration notariée à distance (senza particolari limitazioni temporali connesse all’emergenza pandemica) mediante la quale si potranno redigere procure autenticate dal notaio per via digitale[45]. Si tratta di misure che, se ben congegnate e rese sicure nella loro applicazione, forniranno un importante servizio al cittadino, agevolandolo nella tutela dei propri diritti. In conclusione, visti gli stravolgimenti apportati dall’emergenza pandemica, destinati (quanto meno parzialmente) a divenire parte integrante della futura vita sociale, una adeguata riflessione sull’introduzione dell’atto pubblico a distanza e/o della procura a distanza sembra non più rinviabile, anche per evitare che permangano e continuino a reiterarsi i pregiudizi sopra citati per tutti coloro che non siano in grado di curarsi dei propri affari per via della malattia da Covid-19.

 

[1] Tra i numerosi, hanno cessato la loro efficacia: D.L. 23 febbraio 2020, n. 6; D.P.C.M. 1° marzo 2020; D.L. 2 marzo 2020, n. 9; D.P.C.M. 4 marzo 2020; D.L. 8 marzo 2020, n. 11; D.P.C.M. 8 marzo 2020; D.L. 9 marzo 2020, n. 14; D.P.C.M. 9 marzo 2020; D.P.C.M. 11 marzo 2020; D.P.C.M. 22 marzo 2020; D.P.C.M. 1° aprile 2020; D.P.C.M. 10 aprile 2020; D.P.C.M. 26 aprile 2020; D.L. 10 maggio 2020, n. 29; D.P.C.M. 17 maggio 2020; D.P.C.M. 11 giugno 2020; D.L. 16 giugno 2020, n. 52; D.P.C.M. 14 luglio 2020; D.P.C.M. 7 agosto 2020; D.L. 14 agosto 2020, n. 103; D.P.C.M. 7 settembre 2020; D.L. 8 settembre 2020, n. 111; D.L. 11 settembre 2020, n. 117; D.P.C.M. 13 ottobre 2020; D.P.C.M. 18 ottobre 2020; D.L. 20 ottobre 2020, n. 129; D.P.C.M. 24 ottobre 2020; D.P.C.M. 3 novembre 2020; D.L. 9 novembre 2020, n. 149; D.L. 23 novembre 2020, n. 154; D.L. 30 novembre 2020, n. 157; D.L. 2 dicembre 2020, n. 158; D.P.C.M. 3 dicembre 2020; D.L. 5 gennaio 2021, n. 1; D.P.C.M. 14 gennaio 2021; D.L. 12 febbraio 2021, n. 12; D.L. 23 febbraio 2021, n. 15. Continuano ad essere vigenti, invece: ordinanza Ministero Salute 30 gennaio 2020; delibera c.d.m. 31 gennaio 2020; D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Decreto “Cura Italia”); D.L. 25 marzo 2020, n. 19; D.L. 8 aprile 2020, n. 22; D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. Decreto “Liquidità”); D.P.C.M. 10 aprile 2020; D.L. 30 aprile 2020, n. 28; D.L. 10 maggio 2020, n. 30; D.P.C.M. 12 maggio 2020; D.L. 16 maggio 2020, n. 33; D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. Decreto “Rilancio”); D.P.C.M. 23 luglio 2020; delibera c.d.m. 29 luglio 2020; D.L. 30 luglio 2020, n. 83; D.L. 14 agosto 2020, n. 104; D.L. 7 ottobre 2020, n. 125; D.L. 28 ottobre 2020, n. 137; D.L. 18 dicembre 2020, n. 172; delibera c.d.m. 13 gennaio 2021; D.L. 14 gennaio 2021, n. 2; D.P.C.M. 2 marzo 2021; D.L. 13 marzo 2021, n. 30; D.L. 13 marzo 2021, n. 31; D.L. 22 marzo 2021, n. 41; D.L. 13 marzo 2021, n. 31; D.L. 1 aprile 2021, n. 44.

[2] Tale riferimento, invero, rimanda alla legislazione degli anni della Prima guerra mondiale (v. F. Ferrara, Influenza giuridica della guerra nei rapporti civili, in Riv. dir. comm., 1918, 16, 682-714; G. Segrè, Su alcuni provvedimenti in materie di diritto privato emessi in occasione della guerra, in Riv. dir. comm., 1915, 13, 773-797; F. Vassalli, Della legislazione di guerra e dei nuovi confini del diritto privato, prolusione del 22 novembre 1918, oggi consultabile in Id., Studi giuridici, II, Roma, 1939, 377-403); per alcuni approfondimenti sul punto, v. G. D’amico, L’epidemia Covid-19 e la “legislazione di guerra”, in Contratti, 2020, 3, 254.

[3] Cfr. E. Calò, Perché l’emergenza sanitaria dell’epidemia Covid-19 è anche un’emergenza giuridica, in Notariato, 2020, 3, 258-260. Ex plurimis, sulle conseguenze sui rapporti obbligatori, v. F. Piraino, La normativa emergenziale in materia di obbligazioni e di contratti, in i Contratti, 2020, 4, 485-513.

[4] Sul cui rapporto, in generale, v., tra i tanti, F. Auletta, Emergenza sanitaria e dovere del notaio di levare protesto di titoli di credito inevasi, in questa Rivista, 2020, 3, 231-234; M. Miccoli, Il notaio del 1913 e l’emergenza del 2020, in questa Rivista, 2020, 6, 569-570.

[5] Art. 1, comma 2, D.L. 25 marzo 2020, n. 19 (conv. con modificazioni con L. 22 maggio 2020, n. 35): “[...] d) applicazione della misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano; [...]”.

[6] D.L. 25 marzo 2020, n. 19 (conv. con modificazioni con L. 22 maggio 2020, n. 35), art. 1 (Misure urgenti per evitare la diffusione del COVID-19): “[...] [2] Ai sensi e per le finalità di cui al comma 1, possono essere adottate, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, una o più tra le seguenti misure: [...] e) divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus. [...]”.

[7] Dalla quarantena precauzionale per i soggetti che abbiano avuto contatti stretti con un soggetto positivi (dettata dalla lett. d dell’art. 1, D,L. n. 19/2020), infatti, vengono fatti salvi una serie di soggetti, ai sensi dell’art. 14, comma 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27: “[1] La misura di cui all’articolo 1, comma 2, lettera d), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, non si applica: a) agli operatori sanitari; b) agli operatori dei servizi pubblici essenziali; c) ai dipendenti delle imprese che operano nell’ambito della produzione e dispensazione dei farmaci, dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori. [2] I lavoratori di cui al presente articolo, sottoposti a sorveglianza, sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19”. Si potrebbe ragionare, invero, sulla ricomprensione dell’attività notarile all’interno della nozione di servizio pubblico essenziale.

[8] D.L. 25 marzo 2020, n. 19, conv. con modificazioni con L. 22 maggio 2020, n. 35, art. 4 (Sanzioni e controlli): “[1] Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, commi 1 e 2, ovvero dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo la sanzione prevista dal primo periodo è aumentata fino a un terzo. [...] [6] Salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e) [ovvero del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione per i soggetti positivi, N.d.A.], è punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dal comma 7. [...]”.

[9] D.L. 16 maggio 2020, n. 33, art. 2 (Sanzioni e controlli): “[1] Salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all’articolo 650 del codice penale, le violazioni delle disposizioni del presente decreto, ovvero dei decreti e delle ordinanze emanati in attuazione del presente decreto, sono punite con la sanzione amministrativa di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Nei casi in cui la violazione sia commessa nell’esercizio di un’attività di impresa, si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. [2] Per l’accertamento delle violazioni e il pagamento in misura ridotta si applica l’articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 19 del 2020. Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità statali sono irrogate dal Prefetto. Le sanzioni per le violazioni delle misure disposte da autorità regionali e locali sono irrogate dalle autorità che le hanno disposte. [...] [3] Salvo che il fatto costituisca reato punibile ai sensi dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma 6, è punita ai sensi dell’articolo 260 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265”.

[10] R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, art. 260: “Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire duecento a quattromila. Se il fatto e commesso da persona che esercita una professione o un’arte sanitaria la pena è aumentata”. Si veda, al riguardo, quanto disposto dal D.L. 25 marzo 2020, n. 19, art. 4, comma 7, il quale, al comma 1 dell’art. 260 ha sostituito le parole “con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a lire 800.000” con le seguenti: “con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000”.

[11] Art. 438 c.p. (Epidemia): “[1] Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo. [2] Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena di morte” (articolo poi superato dal D.Lgs. luogotenenziale 10 agosto 1944, n. 224, art. 1, commi 1 e 2, con sostituzione della pena dell’ergastolo laddove sia comminata la pena di morte).

[12] Art. 452 c.p. (Delitti colposi contro la salute pubblica): “[1] Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito: 1° con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte; 2° con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l’ergastolo; 3° con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione. [2] Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto”.

[13] Cfr. Ministero della Salute, circ. n. 0032850, 12 ottobre 2020.

[14] L. not. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 142: “È punito con la destituzione: a) il notaio che continua nell’esercizio delle funzioni notarili durante la sospensione o durante l’interdizione temporanea, fatta salva l’ipotesi prevista dall’articolo 137, comma 3; b) il notaio che è recidivo nelle contravvenzioni alle disposizioni indicate nell’articolo 27 o nell’articolo 138, comma 1, lettere b), c), d), o nell’articolo 52-bis, comma 2, ovvero che è una seconda volta recidivo nelle contravvenzioni alle disposizioni indicate nell’articolo 26 o nell’articolo 51, secondo comma, numeri 1°, 8°, 11° e 12°; c) il notaio che abbandona la sede in occasione di malattie epidemiche o contagiose; d) il notaio che dolosamente non ha conservato i repertori o gli atti da lui ricevuti o presso di lui depositati, fatta salva l’applicazione della legge penale”.

[15] Cfr. M. Miccoli, op. cit., 569, il quale, evidenzia come, rileggendo la legge professionale del 1913, “vi troviamo il divieto imposto ai notai di abbandonare la propria sede in caso di calamità (L. n. 89/1913, art. 142, lett. c) e, paragonandola ai D.P.C.M. odierni, ci rendiamo conto di quanto più concreto e lungimirante fosse il vecchio legislatore, che aveva individuato nel notaio quel giurista di prossimità, di cui parla [...] che avrebbe dovuto rimanere vicino al proprio gregge, pronto a redigerne i testamenti, le donazioni, i riconoscimenti di debito e tutti quegli atti che, nell’ora buia del destino, avrebbero costituito, forse, l’ultimo desiderio od esigenza del malato terminale”.

[16] G. Casu, Art. 27, in G. Casu - G. Sicchiero (a cura di), La legge notarile commentata, Torino, 2010, 145-149, precisa infatti come “L’obbligo del notaio di prestare il suo ministero è da porre in stretta correlazione con il suo ruolo di pubblico ufficiale. Ogni pubblico ufficiale, infatti, è obbligato ad assolvere al compito cui è preposto da parte dello Stato”. Cfr. C. Falzone - A. Alibrandi, Obbligo del notaio di prestare il proprio ministero, in Dizionario enciclopedico del notariato, III, Roma, 1977, 153 ss.

[17] L. not. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 27: “Il notaro è obbligato a prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto. Egli non può prestarlo fuori del territorio della regione in cui si trova la propria sede ovvero del distretto della Corte d’appello in cui si trova la sede, se tale distretto comprende più regioni”.

[18] Gli artt. 27 e 28, infatti, nelle previgenti leggi notarili del 1875 e 1879 erano contenuti nel medesimo articolo. Questo (art. 24 l. not.), nella versione del 1879, recitava che “Il notaro è obbligato a prestare il suo ministero ogni volta che ne è richiesto. Egli deve ricusarlo [...] se l’atto è espressamente proibito dalla legge o manifestamente contrario al buon costume ecc.”.

[19] Così G. Casu, op. cit., 145.

[20] Ibidem.

[21] L. not. 16 febbraio 1913, n. 89, art. 138: “[...] [2] È punito con la sospensione da sei mesi ad un anno il notaio che contravviene alle disposizioni degli articoli 27, 28, 29, 47, 48, 49 e 52-bis, comma 2. [3] La sospensione comporta, oltre la decadenza dalla qualità di membro del consiglio notarile distrettuale e del Consiglio nazionale del notariato, l’ineleggibilità a tali cariche per due anni dalla cessazione della sospensione”.

[22] “[L]’obbligo di prestare il proprio ministero non comporta ovviamente, salvo casi di reale, assoluta urgenza, quello di ricevere l’atto immediatamente, o comunque in tempi ridotti: va tenuto presente, infatti, oltre alle intuibili esigenze di organizzazione dello studio e di conseguente scaglionamento nel tempo degli appuntamenti, che la maggior parte degli atti notarili comporta una serie di indagini e di adempimenti preliminari spesso di notevole complessità che richiedono un tempo relativamente lungo e la cui effettuazione rientra ei doveri istituzionali del notaio, a garanzia innanzitutto delle parti medesime”; così Boero, La legge notarile commentata con la dottrina e la giurisprudenza, I, Torino, 1993, 165.

[23] Art. 328 c.p.: “[1] Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. [2] Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa”.

[24] Cfr. G. Casu, op. cit., 147-148, il quale precisa che “[...] una conseguenza sanzionatoria più grave per l’inosservanza dell’art. 27 deriva dalla norma contenuta nell’art. 328 c.p. [...]. È evidente che, ai fini dell’applicabilità della sanzione penale, non basta fare riferimento all’art. 27 L. not., ma occorre inevitabilmente correlare il comportamento omissivo tenuto dal notaio con l’articolo predetto del codice penale”.

[25] Pur dovendosi generalmente tenere in considerazione il termine di trenta giorni delineato dal comma 2 dell’art. 328 c.p.

[26] Cfr. F. Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte speciale, II, a cura di Conti, Milano, 2003, 367.

[27] Come chiarito dalla Cassazione penale (in fattispecie differente), “ai fini della configurabilità del reato di rifiuto di atti d’ufficio è necessario che il pubblico ufficiale ne sia consapevole del suo contegno omissivo, nel senso che deve rappresentarsi e volere la realizzazione di un evento ‘contra jus’; e che tale requisito di illiceità speciale delimita la rilevanza penale solamente a quelle forme di diniego di adempimento che non trovano alcuna plausibile giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il dovere di azione” (così Cass. Pen. 3 luglio 2000, n. 8949). Sul punto, altra pronuncia della Cassazione (Cass. Pen. 20 gennaio 2003, n. 11877), con riferimento al comma 2, chiarisce che “ai fini della consumazione, è necessario il concorso di due condotte omissive, la mancata adozione dell’atto entro trenta giorni dalla richiesta scritta della parte interessata e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo”.

[28] In questo senso, infatti, gli studi adottano specifici protocolli per limitare il numero dei presenti e assicurare il distanziamento sociale.

[29] Il comma 4 della norma citata, infatti, sancisce che “Nel caso di restituzione o di apertura e pubblicazione del testamento segreto od olografo, le formalità stabilite negli articoli 913, 915 e 922 [608, 620 e 621, N.d.A.], del Codice civile saranno eseguite nell’ufficio del depositario del testamento”. Sul punto, v. CNN, Quesito Civilistico n. 568-2011/C, Ufficio secondario e deposito del testamento olografo, est. N.A. Toscano, 1-2, secondo il quale, visto il combinato disposto del citato art. 66, comma 4, l. not. e degli artt. 82 e 84 reg. not. (nonché dell’art. 71, comma 2, reg. not.), può affermarsi che “gli atti elencati nelle lettere a), b), c) e d) [ovvero, a) verbale di restituzione di testamento olografo; b) verbale di apertura e pubblicazione di testamento olografo; c) verbale di restituzione di testamento segreto; d) verbale di apertura e pubblicazione di testamento segreto, N.d.A.] debbono essere ricevuti nello studio principale del notaio”.

[30] Art. 26 l. not.: “[...] Il notaio può recarsi, per ragione delle sue funzioni, in tutto il territorio della regione in cui si trova la propria sede, ovvero in tutto il distretto della Corte d’appello in cui si trova la sede, se tale distretto comprende più regioni [...]”.

[31] Successiva al venir meno della positività al Covid-19 oppure dell’isolamento fiduciario.

[32] “In questo quadro sconfortante, che cosa si chiede e che cosa può fare il notaio del 1913 trapiantato nel 2020? Esattamente quello che, mutatis mutandis, avrebbe fatto nel secolo scorso: essere al fianco dei cittadini con la disponibilità e la prudenza che il comune buon senso suggeriscono e che nessuna norma impositiva o interdittiva può surrogare; senza pavidità né, all’opposto, inutili eroismi o furbesche fughe in avanti per esclusivo proprio tornaconto, a rischio della salute propria e degli altri”; M. Miccoli, op. cit., 569.

[33] “Nei casi in cui sia necessario procedere alla stipula dell’atto notarile occorre inderogabilmente tener conto delle indicazioni previste dai D.P.C.M. relative alle ‘dimensioni e delle caratteristiche dei luoghi, tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro’, pertanto: il luogo di stipula dovrà essere di norma lo studio notarile. A tal riguardo il notaio inviterà a favorire la stipula presso il proprio studio, poiché si tratta di una struttura organizzata in modo da soddisfare i requisiti di sicurezza igienica imposta dal Governo; i cittadini devono recarsi presso lo studio del notaio su appuntamento senza accompagnatori non necessari, rispettando gli orari, senza anticipi, rispettando le distanze di sicurezza e adeguandosi alle prescrizioni di sicurezza adottate dallo studio”; v. Consiglio Nazionale del Notariato, Emergenza sanitaria COVID-19 Fase 2 - Informazioni per i cittadini, 3 maggio 2020, in https://www.notariato.it/it/news/emergenza-sanitaria-covid-19-fase-2-informazioni-i-cittadini.

[34] Ibidem.

[35] In breve: (i) la “clientela al dettaglio” potrà esprimere il proprio consenso mediante comunicazione inviata dall’indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo (si possono prospettare, ad esempio, gli analoghi mezzi di messaggistica, quali Messenger, Whatsapp, Skype, ecc.), a condizione che sia inviata anche copia di un documento di riconoscimento valido del contraente; (ii) il consenso dovrà riferirsi a contratto identificabile in modo certo; (iii) l’espressione del consenso ed il contratto dovranno essere conservati con modalità tali da garantirne la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità; (iv) quanto alla consegna del contratto, la copia di esso dovrà essere messa a disposizione del cliente su supporto durevole, e poi consegnata in modalità cartacea alla prima occasione utile terminato lo stato di emergenza.

[36] Parimenti, questa si pone in deroga alla regola generale dettata dall’art. 20, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), con equiparazione degli effetti della modalità descritta a quella dei documenti informatici ai quali sia stata apposta firma digitale (o altro tipo di firma elettronica qualificata o avanzata).

[37] In sostanza, “in relazione alla disposizione che - per la durata dello stato di emergenza epidemiologico - consente la sottoscrizione di contratti bancari e le relative comunicazioni in modo semplificato, in sede di conversione, sono state specificate le modalità dirette a tracciare la connessione tra il consenso prestato ed il soggetto che l’ha espresso. In particolare, è stato precisato che i contratti conclusi con la clientela al dettaglio soddisfano il requisito della forma scritta (richiesta dal T.U.B. a pena di nullità) e hanno l’efficacia probatoria di cui all’art. 2702 c.c. (piena prova fino a querela di falso), anche se il cliente esprime il proprio consenso mediante comunicazione inviata dal proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo”; così lettera circolare Abi, Prot. DIG/001120, Roma, 6 giugno 2020.

[38] Tali previsioni, invero, si inseriscono in un ambito (quello della forma dei contratti bancari) già oggetto di recenti ed importanti interventi giurisprudenziali (v. Cass. Civ., SS.UU., 16 gennaio 2018, n. 898, sui contratti c.d. “monofirma”); per alcune riflessioni sull’evoluzione del concetto di forma, in generale, v. G. La Rocca, Il problema della forma contrattuale, Torino, 2017, ripreso sinteticamente in Id., Il problema della forma contrattuale e la sua poliedricità, in Contr. e impr., 2018, 1, 217-258.

[39] Sulla disposizione di cui al D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 106, comma 2, tra i tanti, v. P.G. Marchetti - M. Ventoruzzo, L’assemblea virtuale? Qualcosa resterà, in Corriere della Sera, 30 marzo 2020, 19; N. Atlante - M. Maltoni - C. Marchetti - M. Notari - A. Roveda, Le disposizioni in materia societaria nel Decreto-legge COVID-19 (Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18). Profili applicativi, in Federnotizie.it, 30 marzo 2020; F. Magliulo, La (non) necessaria compresenza del presidente e del segretario degli organi societari, in Riv. not., 2020, 3 ss.; Id., Quel che resterà del verbale assembleare dopo il Covid-19, in Riv. not., 3, 2020, 249-257; A. Busani, Assemblee e cda in audiovideo conferenza durante e dopo COVID-19, in Società, 2020, 393 ss.

[40] V., al riguardo, Consiglio Notarile di Milano, Massima 45, Tempi e regole per la formazione del verbale di assemblea (art. 2375 c.c.), in https://www.consiglionotarilemilano.it/documenti-comuni/massime-commissione-società/45.aspx. Cfr. poi CNN, Studio n. 5916/I, Sul verbale assembleare non contestuale di società di capitali, est. N. Abriani, approvato dalla Commissione Studi d’Impresa l’8 ottobre 2005, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 28 ottobre 2005.

[41] Per tutti, G. Laurini, Quale notaio per il futuro?, in questa Rivista, 2020, 3, 221 ss. Sull’argomento, tra gli altri, P. Sirena, La forma del documento informatico: atto pubblico e scrittura privata, in Atti del Convegno “La sicurezza giuridica nella società dell’informazione”, Roma, 25-26 settembre 2008, 1 ss.; M. Nastri, Le opportunità dell’atto pubblico informatico, 566-569; M. Mirrione, L’atto notarile informatico, in i Contratti, 2011, 7, 731-747; M. Miccoli, L’informatizzazione del notariato: un valore per la pubblica funzione, in questa Rivista, 2015, 5, 492-494. Sul rapporto tra le professioni legali e le nuove tecnologie, si veda lo stimolante dibattito coordinato dal Prof. G. Laurini nella tavola rotonda dal titolo Professioni legali e nuove tecnologie. Come sarà il notaio del futuro?, in questa Rivista, 2021, 1, 5-29 (partecipanti: G. De Rita; P. Marchetti; F. Patroni Griffi; G. Perlingieri; A. Punzi; L. Salvato).

[42] Sulla territorialità circoscrizionale del notaio - originariamente pensata per assicurare anche ai luoghi più disagiati la presenza e l’assistenza del notaio, e così “[...] pilastro del rapporto fiduciale del notaio con la gente” (v. C. Licini, Riflessioni su un progetto di atto notarile da remoto (in video conferenza), in questa Rivista, 2020, 4, 355) - si segnalano interessanti proposte in G. Arcella - S. Chibbaro - M. Manente - M. Nastri, S.r.l. online, atto telematico e atto a distanza, in questa Rivista, 2021, 1, 35-36, i quali individuano alcuni possibili parametri per la conservazione della competenza territoriale del notaio e per la ricezione di atti con intervento di soggetti da remoto.

[43] Seppur si tratti di strumenti totalmente differenti tra loro, si segnala la previsione dell’art. 83 - comma 20-ter, D.L. n. 18/2020 sulla sottoscrizione a distanza nelle procure alle liti per gli avvocati.

[44] Dove, con il recente décret n. 2020-395 del 3 aprile 2020, è stato introdotto l’acte à distance per il periodo emergenziale (autorisant l’acte notarié à istance pendant la période d’urgence sanitaire). Sul tema, v. A. Magnani, L’atto notarile “a distanza”. Il caso della Francia (vocatum quoque “un développement éthique du numérique notarial”), in Jus Civile, 2020, 3, 1-13.

[45] Décret n. 2020-1422 du 20 novembre 2020 instaurant la procuration notariée à distance.

 

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