Tributario

Non detraibile l’Iva relativa alle spese sostenute per dare una maggiore visibilità ai prodotti

La Corte Suprema di Cassazione con la sentenza n. 10440 del 21 aprile 2021 ha ribadito che costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere l'immagine dell'impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti e servizi dell'impresa.

Orientamenti giurisprudenziali

Conformi

Cass. 24 gennaio 2019 n. 1922

Cass. 10 ottobre 2018 n. 25021

Cass. 28 ottobre 2015 n. 21977

Cass. 30 dicembre 2014 n. 27482

Difformi

Non si rinvengono precedenti

La vicenda

In primo grado la società contribuente s.p.a. chiedeva l’annullamento dell’avviso di accertamento per indebita detrazione I.V.A di rivalsa assolta in relazione ad operazioni di acquisto. I Giudici della CTP rigettavano il ricorso, di seguito la CTR del Lazio, accoglieva l’appello del contribuente, ritenendo i costi, non finalizzati ad accrescere il prestigio della società, ma ad assicurare maggiore visibilità al prodotto e quindi rientranti nelle spese promozionali e non rappresentanza.

L’Ufficio presenza ricorso per Cassazione formulando tre motivi, a parere dell’Agenzia delle Entrate i costi sono stati erroneamente riconducibile a spese promozionali e non a spese di rappresentanza, poiché si era in presenza di spese effettuate a titolo gratuito e senza una diretta correlazione con i ricavi.

Decisione della Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione accoglieva il ricorso ritenendolo fondato, poiché l’art. 19 bis d.P.R. n. 633/1972 nella formula ratione temporis, escludeva il diritto alla detrazione dell’I.V.A. di rivalsa assolta alle spese di rappresentanza. Secondo i giudici di legittimità non è detraibile l’Iva relativa alle spese sostenute solo per dare una maggiore visibilità ai prodotti, in questo caso alcuni espositori concessi in comodato dai fornitori ai rivenditori di tabacco. Si tratta infatti di una spesa di rappresentanza e non di pubblicità.

Spese di rappresentanza e spese di pubblicità

Le norme previste dall’art. 108 D.P.R. n. 917/1986 non forniscono alcun criterio utile a collocare un costo nella categoria delle spese di pubblicità o di rappresentanza, limitandosi a disciplinare la deducibilità.

Pare pertanto opportuno precisare le differenze tra tali spese.

Le spese di rappresentanza sono quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo. Tali spese, ove rispondenti al requisito di inerenza, sono deducibili entro i limiti di congruità fissati e commisurati all’ammontare dei ricavi e dei proventi della gestione dell’impresa risultanti dalla dichiarazione dei redditi allo stesso periodo.

I requisiti imprescindibili per poter dedurre i costi con finalità promozionali o di pubbliche relazioni sono gratuità, ragionevolezza e coerenza con le pratiche commerciali del settore.

Le spese di rappresentanza si contraddistinguono per le loro gratuità, cioè la mancanza di un corrispettivo dei destinatari, ovvero di un obbligo di dare o fare a carico degli stessi. Viene qualificato come spesa di rappresentanza il costo sostenuto al fine di valorizzare l’immagine dell’impresa.

Le spese pubblicitarie o di propaganda sono quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti e servizi dell’impresa.

Le spese per la pubblicità e propaganda sono integralmente deducibili dal reddito d’impresa e si qualificano per il fatto che, attraverso le stesse, si porta a conoscenza della generalità dei consumatori l’offerta del prodotto, stimolando la formazione e l’intensificazione della domanda.

Quindi, la finalità di tali ultime spese è quella di accrescere il prestigio dell’impresa senza dar luogo ad una aspettativa in incremento delle vendite, spese che pertanto hanno una diretta finalità promozionale di prodotti e di servizi commercializzati, mediante l’informazione ai consumatori circa l’esistenza di tali beni e servizi, unitamente all’evidenziazione e all’esaltazione delle loro caratteristiche e dell’idoneità a soddisfare i bisogni e di incremento delle vendite.

Le spese di sponsorizzazione in quanto idonee ad accrescere il prestigio dell’impresa vanno ritenute spese di rappresentanza deducibili ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale. (Cass. Ord. 25021/2018, Cass. 21977/2015, Cass. n. 27482/2014)

Nel caso di specie, la CTR ha ritenuto che le spese sostenute per l’acquisito di scansie cedute in comodato ai rivenditori di tabacchi fossero spese di pubblicità, considerato inidoneità di tali spese ad accrescere il prestigio della società contribuente, l’iniziativa diretta all’incremento della vendita di sigarette.

A parere della Supremo Consesso, la riconducibilità di una spesa tra quelle di pubblicità, non è sufficiente che la stessa non sia qualificabile quale spesa di rappresentanza, ma è necessario che sia direttamente strumentale all’incremento delle vendite di specifici prodotti dalla stessa commercializzati.

Riferimenti normativi:

Art. 19, d.P.R. n. 633/1972

 

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