Penale

Autista del 118: rivelare notizie apprese durante il servizio è reato

Commette violazione del segreto professionale l’ autista soccorritore del servizio 118, nella sua qualità di incaricato di pubblico servizio ex art. 358 c.p. se rivela a un giornalista notizie inerenti fatti o notizie delle quali è venuto a conoscenza in ragione del servizio; la fonte dell’obbligo che impone il segreto d’ufficio è l’art. 28 della L. 7/8/1990 n. 241. Sul punto si è espressa, da ultimo, la Cassazione penale con sentenza 8 febbraio 2017, n. 5818.

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI

Conformi

Cass. Pen. 1265/2007 – Cass. Pen. 5141/2008

Difformi

Non si citano precedenti

Considerazioni in tema di rivelazioni ed utilizzazioni di segreti di ufficio ex art. 326 c.p.

In fatto. Il difensore di Tizio ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta che – confermando la sentenza di primo grado – aveva condannato l’imputato a seguito di giudizio abbreviato. L’imputato, autista soccorritore del servizio del 118, era stato condannato per violazione del segreto professionale in quanto aveva rivelato ad un giornalista di un quotidiano notizie relative alla dinamica di tre omicidi, consegnando al giornalista anche delle foto scattate sul posto su richiesta di un medico legale. Il ricorso proposto dalla difesa dell’imputato si fonda su due motivi; in questa sede si rassegnano osservazioni sul primo dei motivi, col quale si contesta che l’imputato fosse tenuto al segreto professionale o comunque a un dovere di segretezza, in quanto nel caso in esame non era rintracciabile una specifica fonte normativa di riferimento su cui fondare tale obbligo.

La Suprema Corte di Cassazione rigetta il ricorso promosso dal difensore dell’imputato, argomentando in diritto come segue.

Atteso che non vi è stata contestazione sulla condotta materiale dell’imputato della consegna alla giornalista delle fotografie, né sulla qualifica soggettiva di incaricato di pubblico servizio ex art. 358 c.p. dell’autista del 118, la Corte rileva come il fulcro dell’intera questione sia l’individuazione della fonte dell’obbligo del segreto che gravava sull’imputato. Il dovere si segretezza si atteggia, nel costrutto normativo dell’art. 326 c.p., quale presupposto del reato - presupposto normativo per la precisione - che può trovare la sua identità in una legge, un regolamento o una consuetudine. La Corte di Appello di Caltanissetta prima e la Corte di Cassazione successivamente hanno individuato tale presupposto nella norma di cui all’art. 28 della legge 7/8/1990 n. 241 sugli impiegati civili dello Stato che impone proprio il segreto di ufficio su informazioni o notizie – com’è il caso di specie – di cui l’agente sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni. Poiché il Servizio del 118 è una articolazione del Servizio Sanitario Nazionale, l’autista del 118 è parificato ai doveri che la legge richiamata impone agli impiegati civili dello Stato. La norma poi richiamata dalla Corte Suprema - l’art. 41 del Contratto Collettivo Nazionale che impone l’obbligo del segreto alle strutture sanitarie associate al S.S.N. – non fa che rafforzare quell’obbligo principale che deriva direttamente dalla cit. Legge 241/90.

Rinvenuto l’elemento normativo di fattispecie nelle norme giuridiche extrapenali sopra individuate che attivano il modulo incriminatore di cui all’art. 326 c.p., la Cassazione considera come la detta figura criminosa si strutturi quale reato di pericolo che tende alla protezione del buon andamento della p.a. in quanto potrebbe essere pregiudicata dalla propalazione di certe notizie, che per questo devono rimanere segrete. L’effettività del pericolo costituito dalla condotta criminosa va individuato nella compromissione del normale funzionamento della P.A., bene giuridico protetto dall’art. 97 Cost. sulla base dell’assunto che l’osservanza del segreto assicura l’efficacia dell’azione amministrativa. Trattasi delle cd. “notizie d’ufficio” col che si intende tutte le notizie inerenti quell’ufficio o quel servizio di cui l’agente altrimenti non avrebbe potuto averne conoscenza. Ora, volgendo l’attenzione al caso di specie, è chiaro che l’autista del 118 è venuto a conoscenza delle notizie sui fatti dell’omicidio di tre persone – di cui tra l’altro un minore – in ragione proprio del servizio svolto; così come è chiaro che ha scattato delle foto in funzione, ancora una volta, dell’incarico svolto, visto che gli è stato ordinato da un medico legale durante l’intervento. Il termine “segreto” richiamato dalla norma di cui all’art. 326 c.p. contiene in sé un significato descrittivo e normativo: sono segrete quelle informazioni o notizie che non devono essere svelate, che sono occulte solo e finché rimangono tali, che sono comunicabili ma che non devono essere comunicate. Vi sono solo determinati soggetti che possono conoscerle e che per la natura della funzione che svolgono sono tenuti alla non divulgazione. Secondo l’art. 28 della cit. Legge 241/90 il segreto deve essere mantenuto sulle notizie apprese durante l’esercizio delle funzioni “al di fuori delle ipotesi e delle modalità delle norme sul diritto di accesso”. In quest’ultimo caso “L’impiegato preposto ad un ufficio rilascia copie ed estratti di atti e documenti di ufficio nei casi non vietati dall’ordinamento”.

L’importanza dell’arresto giurisprudenziale del presente contributo deve, in conclusione, rinvenirsi nell’individuazione dell’oggetto materiale del delitto di rivelazione di segreti d’ufficio. Esso va infatti ravvisato nelle notizie d’ufficio coperte da segreto, sottratte alla divulgazione a terzi estranei. Restano escluse, dunque, quelle indebitamente diffuse in violazione di norme sul diritto di accesso agli atti della P.A. in quanto svelate a chi non è titolare di tale diritto o senza il rispetto delle modalità previste. La Suprema Corte correttamente specifica che nel fatto in esame l’individuazione della natura riservata e segreta delle notizie sui tre omicidi e del materiale fotografico nulla ha a che fare con la disciplina del diritto di accesso o coi provvedimenti amministrativi richiamati dal ricorrente ma con il più diretto divieto contenuto nell’art. 329 c.p.p. e più in generale con i connessi obblighi di divieto e divulgazione di notizie e atti compiuti dalla polizia giudiziaria.

In conclusione: la condotta dell’autista del 118 si incardina in questo quadro normativo e si presenta come violazione di doveri posizionali; ciò in quanto è evidente che se lo stesso è competente a conoscere la notizia per ragioni del proprio ufficio o servizio questa notizia deve considerarsi segreta, cioè che non deve essere rivelata a terzi estranei all’ufficio in ogni tempo e luogo e nei confronti di chiunque (per legge, regolamento o per la natura stessa della notizia) a nulla rilevando – come correttamente rappresentato dalla Corte e a sommesso parere di chi scrive – le norme sulla violazione in tema di accesso amministrativo, che invece consentono la trasmissibilità di certe notizie a certi soggetti, sol che venga rispettata la procedura di richiesta.

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